Iceland 2004, 22 luglio - 1 agosto 2004


Per chi si occupa di vulcani l’Islanda rappresenta un luogo da conoscere ad ogni costo, da scorrere come un libro per vedere e toccare con mano l’enorme varietà di fenomeni legati in modo diretto o indiretto al vulcanismo. Il confronto tra quanto osservato sull’Etna e quanto rintracciabile in Islanda è servito da innesco alla realizzazione di una spedizione speleologica. La voglia di paragonare le morfologie ipogee delle grotte etnee con quelle delle nordiche cavità islandesi è stata la finalità della spedizione. A tal proposito si è attivato un contatto con la Società Speleologica Islandese nella persona di Bjorn Hroarson che con un fitto scambio di corrispondenza ha contribuito alla pianificazione delle attività.

Alla proposta formulata dal Gruppo Grotte Catania aderiscono il Gruppo Speleologico Bolzano e il Gruppo Speleologico Padovano. In complesso prendono parte alla spedizione 12 speleologi del Gruppo Grotte Catania del CAI, 1 speleologo del CAI di Acireale (CT), 3 speleologi del Gruppo Speleologico Bolzano del CAI, 2 speleologi del Gruppo Speleologico Padovano del CAI.

Il gruppo si è radunato a Londra il 22 luglio (foto 01 – Perissinotto) e quindi si è trasferito in Islanda. Il 23 luglio, noleggiati due Land Rover Defender 110, si è partiti da Njardvik alla volta di Akureyri dove finalmente incontravamo Bjorn Hroarson. Con lui in testa alla colonna procedevamo spediti in direzione di Þeistareykjahraun, bellissima zona al di fuori dei percorsi turistici. Fissato il campo in una comoda hut in località Þeistareyki (foto 2 – D’Aquino), dotata di servizi e di riscaldamento geotermico “a palla”, si dà inizio all’attività di prospezione che si protrae sino al 27 luglio. Lasciati i bagagli, l’euforico Bjorn (foto 3 – D’Aquino) ci conduce subito nei pressi di un imponente pit crater (foto 4 – Priolo), siamo nella zona di Þeistareykjabunga, dove iniziavamo l’esplorazione sotto un violento acquazzone. Si identifica l’ingresso di una cavità, un cunicolo su lave molto alterate che alcuni di noi visitano ma del quale non si effettua alcun rilevamento, solo foto (foto 5 – D’Aquino). La prospezione continua ma l’aumentare della pioggia ci costringe al ritorno al campo. Ne approfittiamo per pianificare l’attività di prospezione e carte alla mano, il nostro ospite ci indica l’area che a suo dire è più promettente: Þeistareykjahraun.

Il giorno successivo, grazie ad un miglioramento delle condizioni meteo riprendiamo l’attività: ci spostiamo nella zona di Þeistareykjahraun, in direzione opposta a quella della prima giornata. Iniziavamo a percorrere uno sconfinato pianoro delimitato da due imponenti scarpate di faglia, una grande fossa tettonica, dove un primo tratto di lave molto antiche, ricoperto da migliaia di pulvini di betulla nana e altre piante minori (foto 6 - Scammacca), cede il passo a uno sconfinato campo lavico costituito da lave a superficie unita, spesso interrotte da piccole diaclasi e da alcune faglie minori. Percorsi circa quattro chilometri, di cui più di due di campo lavico, giungiamo nei pressi di una zona caratterizzata da alcune fratture eruttive riconoscibili dalla usuale “bottoniera”. Andiamo a visitare una cavità segnalata a Bjorn da alcuni allevatori di pecore, caratterizzata dalla presenza di un lago interno la cui acqua è dovuta allo scioglimento della neve. La cavità costituita da un tratto di galleria larga una ventina di metri e alta oltre dieci (foto 7 – D’Aquino). Visitata la cavità proseguiamo la perlustrazione della frattura identificando diverse piccole grotte prive di interesse. Il giorno successivo ci dividiamo in più squadre e riprendiamo la perlustrazione identificando ben sei grotte degne di interesse. Di tre fatta l’esplorazione, si procede al rilievo topografico e alle fotografie di rito (foto 8 - Priolo). Delle altre, si rimanda il tutto al giorno dopo perché è già sera e due cavità richiedono un armo accurato e un po’ delicato, mentre la terza deve essere rilevata.

Il 27 mattina ripartiamo verso la zona di esplorazione con corde e attrezzature al seguito, ma questa volta non siamo tutti: alcuni preferiscono una gita a Husavik con tour in baleniera alla caccia “fotografica” delle balene (foto 9 – D’Aquino). Anche oggi ci dividiamo in due gruppi, un primo parte alla volta della grotta più lontana per eseguire il rilievo topografico, un altro procede all’esplorazione delle due cavità con ingresso in pozzo (foto 10 – Guzzo). Le tre grotte si rivelano molto interessanti sia per estensione che per le morfologie osservate all’interno (foto 11 – Priolo). Concluse le ricerche si fa un po’ di sano turismo, ci spostiamo verso Husavik e pernottiamo in una seconda hut molto meno confortevole della precedente. La sera andiamo in paese e ci concediamo una piacevole cena in uno dei localini tipici del porto: birra, agnello e trota salmonata la fanno da padrone, ottimi anche i dolci.

La mattina seguente dopo un po’ di compere, partiamo alla volta di Myvatn, dopo una veloce puntata al lago decidiamo di visitare lo spettacolare campo lavico di Dimmuborgir e di sfidare i “famosissimi” moscerini (foto 12 – D’Aquino). Conclusa la visita si parte alla volta di Dettifoss dove ammiriamo le maestose cascate sul fiume Jökulsá á Fjöllum (foto 13 – D’aquino) che raccoglie parte delle acque di scioglimento del Vatnajökull. Dopo le foto di rito proseguiamo verso il Monte Krafla, dove veniamo attratti dall’imponente centrale geotermica (foto 14 – Priolo) e da un lago craterico dalle acque color turchese. Ripartiamo verso Kidagil dove pernottiamo.

La mattina successiva andiamo a visitare le cascate di Godafoss (foto 15 - Guzzo) e quindi iniziamo la traversata dello Sprengisandur lungo la pista F26 (foto 16 – Priolo) che attraversa lo sconfinato deserto lavico costeggiato da imponenti ghiacciai. Finita la traversata arriviamo a Hrauneyjar dove pernottiamo nei pressi di una grossa centrale idroelettrica.

La mattina successiva riprendiamo il cammino verso Reykjavik ma, nonostante il tempo sia ritornato inclemente, non mancano le tappe intermedie: visitiamo la zona di Geysir dove ammiriamo le spettacolari attività del geyser Strokkur (foto 17 – D’Aquino). Sotto una pioggia costante arriviamo Pingvellir; dove la dorsale medio atlantica è ben visibile in superficie e dove si tenne la prima storica riunione del Parlamento Islandese (foto 18 – Priolo). Dopo oltre 2500 km ritorniamo a Njardvik, riposto il bagaglio, dedichiamo il tempo rimasto alla visita di Reykjavik (foto 19 - Perissinotto) che dimostra una fervente vita notturna e un novero inaspettato di pub, ristoranti, pasticcerie.

Il giorno dopo riconsegniamo i fuoristrada in aeroporto e alcuni di noi ritornano a Reykjavik, altri decidono di andare alla famosa Blue Lagoon (foto 20 – D’Aquino).

Alle 04:00 del 31 luglio partiamo per l’aeroporto di Keflavik, decolliamo per Londra dove il gruppo si scioglie. Questo è in breve il diario di un viaggio durato troppo poco, estremamente interessante e certamente utile riferimento per eventuali successive attività in terra d’Islanda.

I risultati delle esplorazioni effettuate saranno oggetto di una prossima pubblicazione che conterrà una nota sulla geologia della zona di Þeistareykjabunga, i dati relativi alle cavità localizzate ed esplorate e i rilievi topografici e fotografici.

Mi preme ringraziare per la collaborazione tutti i partecipanti alla spedizione (foto 21 – Scammacca) che qui di seguito elenco:

Cognome

Nome

Sezione CAI

Assereto

Anna

CAI Bolzano

Caruso

Giuseppe

CAI Catania

D'Aquino

Vincenzo

CAI Acireale

Fichera

Giovanni

CAI Catania

Finocchiaro

Roberta

CAI Catania

Grasso

Salvatore

CAI Catania

Guarrella

Monica

CAI Catania

Guzzo

Mariano

CAI Bolzano

Hurzeler

Susanna

CAI Padova

Mangano

Giuditta

CAI Catania

Perissinotto

Maria Luisa

CAI Padova

Priolo

Giuseppe

CAI Catania

Reitano

Agatino

CAI Catania

Scalisi

Vincenzo

CAI Catania

Scammacca

Blasco

CAI Catania

Serra

Antonio

CAI Catania

Trombetta

Davide

CAI Catania

Welponer

Cristina

CAI Bolzano

Un grazie speciale va a Maria Luisa Perissinotto, Maui per gli amici, che è stata insostituibile nell’aiutarmi durante l’organizzazione della spedizione. Infine un grazie riconoscente va alla Sezione dell’Etna del CAI che, come sempre, è stata indispensabile supporto, anche economico, nell’organizzazione delle attività di spedizione.

Giuseppe Priolo